La nuova Environmental Protection Law: Svolta della Cina per la tutela dell’ambiente (Parte 2)

A cura di China Briefing, 23 Giugno 2014 

Nella prima parte di questo articolo, abbiamo analizzato le novità introdotte dalla Revised Environmental Protection Law, concentrandoci in particolare sulle implicazioni che la sua promulgazione produrrà per gli investimenti esteri. Un ulteriore contributo al rinnovamento della politica ambientale cinese, è rappresentato dalla creazione di due nuove imposte ambientali, attualmente ancora in fase di studio: la environmental tax e la carbon tax. Inoltre, dal 2013, partendo da Shenzhen, la Cina ha dato adito ad un crescente numero di cap-and-trade systems (o mercati del carbone).

In questa seconda parte dunque, prenderemo in esame queste iniziative una per una, destinando un’attenzione particolare tanto alla possibilità che le stesse vengano effettivamente poste in essere, quanto alle conseguenze che queste produrranno sotto il profilo regolamentare.

Due nuove imposte ambientali

Environmental Tax–––Accanto alla Revised Environmental Protection Law, il legislatore cinese sta esaminando un disegno di legge, che potrebbe poi trasformarsi in una legge a tutti gli effetti, denominata Environmental Tax Law per l’introduzione di una Environmental Tax (ET). Alcune misure correlate, sono state discusse e ripetutamente rinviate fin dal 2011; in effetti, ci si aspettava che questa tassa fosse inclusa nel 12° Piano quinquennale annunciato nel 2012. Il dibattito ruotava attorno a diverse questioni, ad esempio quella relativa a quale agenzia governativa avrebbe avuto l’incarico di riscuotere l’imposta e avrebbe deciso sull’utilizzo del gettito fiscale ricavato.

All’inizio di quest’anno, prima dell’annunciata revisione della Environmental Protection Law, il Ministero delle Finanze cinese aveva annunciato che il Paese avrebbe introdotto una serie di nuove politiche fiscali, con l’obiettivo di proteggere l’ambiente, rimpiazzando le “pollutant discharge fees“, ovverosia somme a carico delle imprese che attualmente vengono trattenute dallo Stato. Si è discusso sul fatto che tra i vantaggi che la ET sarebbe in grado di apportare, si possono annoverare (i) un sistema di gestione più chiaro, con riferimento alle Autorità che controllano i flussi generati da tali imposte, (ii) l’uniformazione della capacità d’incasso, e (iii) il fatto di porre l’onere della prova direttamente su coloro che inquinano.

Nel suo progetto attuale, la Environmental Protection Tax Law si compone di 39 articoli distribuiti in 7 capitoli e propone cinque tipi di elementi passivi, qui di seguito riportati:

i           Inquinanti atmosferici;

ii          Sostanze inquinanti delle acque;

iii         Rifiuti solidi;

iv         Inquinamento acustico;

v          Anidride carbonica.

La tassazione sugli ultimi due elementi dell’elenco sopra riportato, sarebbe una novità assoluta in Cina, mentre nei confronti dei restanti elementi, è già previsto un onere di smaltimento a carico delle imprese che li producono. Allo stato attuale, è difficile valutare l’influenza che la Revised Environmental Protection Law avrà sulla decisione di implementare la nuova ET, in quanto le due si sovrappongono in modo significativo nella loro applicazione. L’entrata in vigore della legge per l’introduzione della ET ad ogni modo è prevista per la fine del 2015, o l’inizio del 2016.

Carbon Tax –– A complicare ulteriormente il sistema di regolamentazione ambientale cinese, nel 2013 si era pensato di introdurre un’imposta, la carbon tax, da prelevare sulle emissioni industriali. Essendo il più grande produttore al mondo di greenhouse gases, un tipo di gas conosciuto come GHG e responsabile del temuto effetto serra, la Cina deve fronteggiare una forte pressione internazionale per abbattere le emissioni di CO2, soprattutto quelle provenienti dalle sue industrie di acciaio e cemento. Ulteriore pressione proviene dall’obiettivo, da realizzare entro il 2020, di ridurre le emissioni di carbonio del 40/45 per cento per ogni unità di PIL rispetto ai livelli del 2005. 

L’introduzione di una carbon tax ad incremento graduale si tradurrebbe, secondo alcuni rapporti, in una riduzione del 19 per cento circa delle emissioni entro il 2020 e in un aumento delle entrate per un totale compreso tra i 90 e 460 miliardi di RMB. Coloro che non vedono di buon occhio la nuova tassa, tuttavia, sottolineano il conseguente picco di disoccupazione (le aziende sarebbero infatti costrette a tagliare i costi a fronte di profitti in calo) e l’aumento dei costi delle infrastrutture. In un periodo di incertezza economica, Pechino è poco incline a introdurre ben due nuove imposte, entrambe dirette verso le imprese inquinanti. Ciò nondimeno, sembra probabile che la ET avrà priorità su un’eventuale carbon tax, dato che l’attenzione della classe politica cinese si sta gradualmente spostando dalla lotta contro il riscaldamento globale al grave problema dell’inquinamento atmosferico che riguarda la Repubblica Popolare. L’economista Cao Jing della Tsinghua University, prevede, che la carbon tax verrà promulgata entro il 2015.

I mercati del carbonio

Mentre la carbon tax ristagna negli ingranaggi della macchina legislativa, i sistemi di cap-and-trade sono stati applicati in tutta la Cina. Nel 2013, Shenzhen ha avviato il primo sistema di questo genere (anche conosciuto come mercato del carbonio o Emissions Trading Scheme), e lo stesso si è rapidamente diffuso fino a comprendere sei regioni supplementari per il progetto pilota. Ad oggi, difficilmente il mercato del carbonio del Paese può essere considerato in piena espansione. Tuttavia, nel maggio 2014 il China Beijing Environment Exchange ha registrato un record di circa 2-3 scambi di scorte di carbonio al giorno. Questo è stato principalmente attribuito alla mancanza di trasparenza in relazione al meccanismo di fissazione dei prezzi e all’assenza di altri fattori critici necessari per la creazione di condizioni di mercato vere e proprie, come ad esempio un limite (cap) generico per il carbonio stesso. Il risultato è consistito nel fatto che i prezzi delle quote hanno subito oscillazioni tra i 20 RMB sulla piattaforma dello Hubei e i 130 RMB su quella di Shenzhen.

Un funzionario strettamente coinvolto nello sviluppo dei mercati del carbonio, ha dichiarato che la creazione di un mercato nazionale del carbonio è un obiettivo da raggiungere assolutamente entro il 2020.

Dal quadro attuale, emerge come la Cina intenda portare avanti il progetto di una Environmental Tax., che molto probabilmente sarà annunciato entro la fine del 2014 e attuato nel 2015. D’altra parte, probabilmente la carbon tax sarà momentaneamente accantonata, in attesa di una ripresa dell’economia cinese.

Nel frattempo, i governi centrali e locali hanno espresso la loro approvazione per quanto riguarda il mercato del carbonio. Se dunque la Cina sembra essere impegnata nell’eventuale adozione di un mercato nazionale comune, fintanto che ciò non accade, è probabile che proprio sulla base dei temi appena esposti, sopraggiungano diverse problematiche.